venerdì, aprile 29, 2016

Muoversi aiuta gli etichettati ADHD

Ho trovato interessante l'articolo sull'ADHD che potete leggere qui, perché questa scoperta ribalta completamente parecchie delle opinioni mainstream su questo delicato argomento.

Non condivido le ipotesi teoriche alla base dell'articolo scientifico in inglese (di cui troverete l'abscract qui) e le purtroppo inevitabili semplificazioni del giornalista italiano, ma voglio sottoporre l'articolo qui sopra alla vostra attenzione perché è l'ennesima prova oggettiva dei disastri della medicalizzazione delle difficoltà di apprendimento.

Infatti i comportamenti misurati dai ricercatori sono fatti oggettivi, e la statistica applicata in modo rigoroso non è una opinione (fallace), come invece lo sono molte delle bufale spacciate da chi propaganda soluzioni mediche per problemi pedagogici.

Penso che invece i fatti oggettivi misurati dalla ricerca (e cioè una correlazione positiva tra livello di attività grosso motoria e costruzione dei ricordi nei bambini etichettati come ADHD, quando al contrario nei bambini non etichettati tale correlazione è negativa) confermi i modelli pedagogici di costruzione dei ricordi validati dalla pedagogia della gestione mentale di Antoine De La Garanderie. Pedagogia della gestione mentale che si dimostra per l'ennesima volta strumento molto più adatto a inquadrare teoricamente le difficoltà di apprendimento rispetto all'approccio psichiatrico e psicologico, che muovono da assunti teorici completamente non oggettivi.

Ad esempio andrebbe abbandonato il concetto di memoria di lavoro, che è stato ipotizzato negli anni cinquanta in similitudine con lo sviluppo dell'elettronica e dei calcolatori, senza legarlo minimamente a studi di neurologia.

Ad oggi il concetto di memoria di lavoro, invece di essere abbandonato in favore di modelli teorici nati nell'ambito delle neuroscienze e della neuropedagogia, viene modificato e complicato all'inverosimile per adattarlo ai risultati di queste ultime. Dovrebbe essere invece ormai chiaro a tutti che i modelli legati alla psicologia cognitiva (e quindi a concetti nati nel campo dell'elettronica e dell'informatica) vanno buttati, non rielaborati e riadattati complicandoli all'inverosimile (per renderli forzatamente idonei a "spiegare" dati sperimentali sempre meno addomesticabili).

Il cervello è una "macchina" enormemente plastica che lavora in modo parallelo e analogico, mentre i computer dal cui studio grossa parte della psicologia cognitiva ha origine, è una macchina digitale e che lavora in modo seriale.

Ad esempio il multitasking, che nel nostro cervello è una realtà, nei computer è simulato dalla loro estrema velocità di esecuzione, ma i computer di allora e di oggi (pur con la recente introduzione di embrioni di elaborazione parallela), restano molto diversi dal meraviglioso organo che fa da supporto hardware alla nostra mente.

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Aggiornamento del 4 giugno 2016

Il gruppo di lavoro sull'ADHD dell'Università della Florida sforna altre evidenze. Articolo interessante: hanno scoperto una cosa che proprio nel corso sulla gestione mentale che sto facendo ci stanno dicendo dall'inizio. Per aiutare la concentrazione e la memorizzazione è utile dichiarare quanto meglio possibile gli obiettivi della lezione. Non mi sorprende che nei bambini etichettati ADHD far questo diminuisca pure i movimenti. Frédéric Rava​​ ci ha fatto fare diversi esercizi per dimostrarci sulla nostra pelle questa "scoperta" della Florida State University. Sono però contentissimo di poter avere un supporto scientifico a questa evidenza. La mia personale critica al modello della memoria di lavoro rimane: la working memory è un modello obsoleto, ormai da buttare, non da modificare all'inverosimile per accordarlo ai dati sperimentali che giorno dopo giorno lo falsificano.