lunedì, novembre 12, 2018

Un oscuro consenso su schermi e bambini inizia ad emergere nella Silicon Valley (articolo apparso sul New York Times)




Credit: Photo Illustration 
by Tracy Ma/The New York Times; 
Getty Images (woman and child)
Un oscuro consenso su schermi e bambini inizia ad emergere nella Silicon Valley
«Sono convinta che il diavolo viva nei nostri telefoni.»

di Nellie Bowles
26 ottobre 2018

SAN FRANCISCO - Le persone che sono più vicine a una cosa sono spesso le più diffidenti. I tecnologi sanno come funzionano davvero gli smartphone e molti hanno deciso di non volere che questi oggetti stiano vicini ai propri figli.

Una cautela che lentamente stava prendendo piede si sta trasformando in un consenso diffuso a livello regionale: i vantaggi degli schermi come strumento di apprendimento sono esagerati e i rischi per la dipendenza e lo sviluppo della crescita sembrano elevati. Il dibattito nella Silicon Valley ora è su quanta esposizione ai telefoni sia accettabile.

«Nessun tempo passato davanti ad uno schermo è quasi più facile che solo un po’», ha detto Kristin Stecher, ex ricercatrice di social computing sposata con un ingegnere di Facebook. «Se i miei figli lo ottengono un po’, lo vogliono solo di più.»

La signora Stecher, 37 anni, e suo marito, Rushabh Doshi, hanno svolto ricerche sullo screen time [il tempo che si passa davanti allo schermo di un PC, di uno smartphone, di un tablet, ecc. NdT] e sono giunti a una conclusione semplice: non ne volevano quasi sapere in casa loro. Le loro figlie, di età compresa tra 3 e 5 anni, non hanno un tempo minimo permesso, non sono consentiti orari fissi da passare davanti agli schermi. Le uniche volte che è loro consentito di utilizzare uno schermo è durante un lungo percorso in auto (le quattro ore previste per Tahoe) o durante un viaggio in aereo. Recentemente hanno ammorbidito questo approccio. Ogni venerdì sera guardano un film in famiglia.

C'è un problema incombente che la signora Stecher vede nel futuro: suo marito, che ha 39 anni, ama i videogiochi e pensa possano essere educativi e divertenti. Lei non è d’accordo. «Lo affronteremo quando ci arriveremo», ha detto la signora Stecher, che presto avrà un maschietto.
Kristin Stecher, ex ricercatrice di social computing sposata 
con un ingegnere di Facebook a Menlo Park, in California, 
ha dichiarato che le figlie, di età compresa tra 5 e 3 anni, 
non hanno un tempo minimo permesso da poter passare 
davanti ad uno schermo. Credit: Peter Prato per il New York Times

Kristin Stecher, ex ricercatrice di social computing sposata con un ingegnere di Facebook a Menlo Park, in California, ha dichiarato che le figlie, di età compresa tra 5 e 3 anni, non hanno un tempo minimo permesso da poter passare davanti ad uno schermo.
Credit: Peter Prato per il New York Times

Alcune delle persone che hanno creato programmi video sono orripilate da in quanti posti ora un bambino possa guardare un video.

Alla domanda sulla limitazione per i bambini del tempo davanti ad uno schermo, Hunter Walk, un investitore che per anni ha diretto in Google la gestione dei principali prodotti di consumo su YouTube, ha inviato una foto di un vasino per bambini con un iPad collegato e ha scritto: «Hashtag: Prodotti che non abbiamo acquistato».

Athena Chavarria, che ha lavorato come assistente esecutivo su Facebook e ora è al braccio filantropico di Mark Zuckerberg, la Chan Zuckerberg Initiative, ha dichiarato: «Sono convinta che il diavolo viva nei nostri telefoni e stia devastando i nostri figli».

La signora Chavarria non ha permesso ai suoi figli di avere telefoni cellulari fino al liceo, e anche ora proibisce l'uso dello smartphone in automobile e lo limita fortemente a casa. Ha detto di vivere secondo il mantra che l'ultimo bambino della classe che otterrà uno smartphone vince. Sua figlia non ha avuto uno smartphone finché non ha iniziato il nono anno di scuola. «Gli altri genitori invariabilmente mi chiedono “Non sei preoccupata di non sapere dove sono i tuoi figli quando non riesci a trovarli?”», riferisce la signora Chavarria. «E io tutte le volte rispondo: “No, non ho bisogno di sapere dove sono i miei figli ogni secondo del giorno.»

Per i dirigenti di lungo corso delle più importanti aziende tecnologiche, osservare come gli strumenti che avevano costruito influenzavano i loro figli è sembrato una nemesi della loro vita e del loro lavoro. Tra questi c'è Chris Anderson, ex redattore di Wired e ora amministratore delegato di una compagnia di robotica e droni. È anche il fondatore di GeekDad.com.

Anderson, parlando del tempo passato davanti allo schermo, ha detto: «Su una scala che va dalle caramelle al crack di cocaina, è un’esperienza più vicino al crack di cocaina».

I tecnici che costruivano questi prodotti e gli scrittori che osservavano la rivoluzione tecnologica erano ingenui, ha aggiunto.

«Pensavamo di poterlo controllare», ha detto Anderson. «E va oltre il nostro potere di controllo. Arriva direttamente ai centri di piacere del cervello in età evolutiva. Ciò è oltre la nostra capacità di comprensione di genitori normali».

Ha cinque figli e 12 regole tecniche. Includono: niente telefoni fino all'estate prima della scuola superiore, niente schermi nelle camere da letto, blocco dei contenuti a livello di rete, nessun social media fino all'età di 13 anni, niente iPads e orari programmati da Google-WiFi gestiti dal suo telefono. Cattivo comportamento? Il bambino va offline per 24 ore.

«Non sapevo cosa stavamo facendo al loro cervello fino a quando non ho iniziato ad osservare i sintomi e le conseguenze», ha detto il signor Anderson.
Un esempio delle attività e
della programmazione familiare
della famiglia Anderson.

«Parliamo di ferite ormai rimarginate. Abbiamo commesso ogni errore possibile e credo ci siamo sbagliati con alcuni dei miei figli», ha detto il signor Anderson. «Ci siamo trovati ad un passo dal baratro della dipendenza e alcuni anni sono stati persi, cosa di cui ci vergogniamo».

I suoi figli hanno frequentato una scuola elementare privata, dove Anderson poté osservare  l'amministrazione introdurre iPad e lavagne intelligenti [le famigerate LIM per le quali anche in questi giorni qualche ignaro e volenteroso comitato genitori prepara torte NdT], solo per «piombare nel caos e poi tornare indietro su tutto».

L'idea che i genitori della Silicon Valley siano cauti nei confronti della tecnologia non è nuova. I padri della tecnologia hanno espresso queste preoccupazioni anni fa e la loro preoccupazione è stata la più eclatante.

Tim Cook, il C.E.O. di Apple, ha detto all'inizio di quest'anno che non avrebbe lasciato che suo nipote si iscrivesse ai social network. Bill Gates ha bandito i telefoni cellulari fino a quando i suoi figli non sono stati adolescenti, e Melinda Gates ha scritto che avrebbe desiderato aver aspettato ancora più a lungo. Steve Jobs non avrebbe lasciato i suoi bambini piccoli vicino agli iPad.

Ma nell'ultimo anno, una stuolo di rivoltosi di alto profilo della Silicon Valley ha lanciato allarmi in termini sempre più disastrosi su ciò che questi gadget fanno al cervello umano. All'improvviso i lavoratori della Silicon Valley sono ossessionati. Case senza tecnologia stanno spuntando in tutta la regione. Alle bambinaie viene chiesto di firmare contratti in cui si impegnano a non utilizzare il proprio smartphone.

Coloro che hanno esposto i loro bambini agli schermi cercano di parlar loro della dipendenza che provoca, spiegando come funziona la tecnologia.

John Lilly, investitore della Silicon Valley con Greylock Partners ed ex amministratore delegato di Mozilla, ha detto che sta cercando di aiutare il figlio di 13 anni a capire che viene manipolato da coloro che hanno progettato la tecnologia.

«Cerco di dirgli che qualcuno ha scritto il programma proprio per farlo sentire in quel modo - sto cercando di aiutarlo a comprendere in che modo sono fatte le cose, cosa c'è dietro e cosa le persone stiano facendo per creare quel sentimento in lui", riferisce il sig. Lilly. «E lui invece: “Voglio solo spendere i miei 20 dollari per ottenere le mie skin su Fortnite.” [Fortnite è un popolare videogioco nel quale è possibile personalizzare i personaggi virtuali acquistando abiti virtuali, “skin” appunto, con moneta reale NdT]»

C’è pure, tra i lavoratori delle aziende informatiche, chi non è d'accordo sul fatto che gli schermi siano pericolosi. Jason Toff, 32 anni, che ha gestito la piattaforma video Vine e che ora lavora per Google, lascia che il suo bimbo di 3 anni giochi con un iPad, ritenendo non sia né migliore né peggiore di un libro. Questa opinione è abbastanza impopolare tra i suoi colleghi tecnici informatici e sente che ora c’è  "uno stigma" nei suoi confronti.

«Uno scambio che ho avuto proprio ieri è stato: “Non ti preoccupa che tutti i maggiori dirigenti esperti di tecnologia stiano limitando il tempo [passato dei propri figli davanti allo] schermo?”» ha raccontato Toff. «E io ho risposto qualcosa come: “Forse sarebbe da fare, ma credo di essere sempre stato scettico nei confronti delle regole.” Le persone hanno solo paura dell'ignoto.»

«È da bastian contrario», ha detto Toff. «Ma mi sento come se stessi parlando per molti genitori che hanno paura di dirlo a voce alta per paura del giudizio».

Ha detto che ripensa alla sua infanzia dove è cresciuto guardando molta TV. «Penso di essere venuto fuori O.K.» dice il signor Toff.

Altri genitori della Silicon Valley riferiscono che ci sono modi per rendere un po' meno tossico un limite di tempo davanti agli schermi.

Renee DiResta, una ricercatrice sulla sicurezza informatica nel consiglio di amministrazione del Center for Humane Tech, non consente [ai propri figli] il tempo passivo davanti allo schermo, permettendo invece un breve periodo di tempo con giochi stimolanti.

Vuole che i suoi bambini di 2 e 4 anni imparino a programmare precocemente, quindi favorisce la loro conoscenza dei dispositivi. Distingue però tra i diversi tipi di utilizzo dello schermo. È consentito giocare a un gioco di costruzioni, ma non lo è guardare un video su YouTube, a meno che non si tratti di farlo tutti assieme in famiglia.

Pure Frank Barbieri, dirigente di San Francisco presso la start-up PebblePost che traccia le attività online per inviare pubblicità mirata per posta, cerca di limitare il tempo di visualizzazione della sua figlia di 5 anni ai contenuti online in lingua italiana.

«Abbiamo amici che sono abolizionisti dello schermo e abbiamo amici che sono schermo-liberisti», ha detto Barbieri.

Ha letto studi sul fatto che apprendere una seconda lingua in giovane età è un bene per la mente in età evolutiva, perciò sua figlia guarda film e programmi televisivi in ​​lingua italiana.

E Barbieri ha concluso «Per me e mia moglie, onestamente, l’approccio è stato “che vogliamo fare?”».



Nellie Bowles copre la cultura della tecnologia e di Internet. Seguila su Twitter: @nelliebowles

Una versione di questo articolo appare in stampa il 29 ottobre 2018, nella pagina B1 dell'edizione di New York con il titolo: Silicon Valley Wary of the 'Devil' nei nostri telefoni.



Traduzione di Stefano Longagnani

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